“È la dimensione della scoperta ciò che in ogni nostro progetto viviamo. Più che un viaggio è una vera e propria esplorazione, perché è quando si esplora che s’incontra inevitabilmente sempre qualcosa di non conosciuto” – tiene a precisare Christo, ottant’anni compiuti, mentre racconta alcuni dettagli ancora inediti del progetto The Floating Piers.
Abbiamo incontrato l’artista di origini bulgare, naturalizzato newyorkese, in una soleggiata domenica di fine estate su di un pontile sospeso ai bordi del Lago d’Iseo, dove si appresta a portare a termine la sua più grande opera mai realizzata in Italia e forse una tra le più audaci progettate con Jeanne-Claude, l’inseparabile compagna di vita e di lavoro, scomparsa nel 2009.
Molti interventi di Christo e Jeanne-Claude hanno alimentato fino a oggi la nostra immaginazione, entrando a far parte della memoria collettiva di ognuno di noi. Il rivestimento temporaneo del Reichstag a Berlino (1971-95), The Umbrellas – i 3100 ombrelli giganti che costellavano simultaneamente due vallate, una nella prefettura di Ibaraki in Giappone, l’altra a nord di Los Angeles negli Stati Uniti d’America (1984-91) – o i drappi svolazzanti di The Gates a Central Park (1979-2005), sono solo alcuni tra i progetti che hanno portato Christo e Jeanne-Claude a essere riconosciuti tra gli artisti contemporanei più originali della seconda metà del XX secolo.
In Italia Christo torna con The Floating Piers, ennesima azione di rivestimento realizzata con tessuto colorato, difficile da paragonare agli interventi proposti in passato. Questa volta non si cimenterà lavorando su monumenti, edifici o elementi naturali utilizzando drappi di tessuto semplicemente per celare e imprigionare, poi nuovamente liberare e disvelare, i manufatti prescelti come, a esempio, aveva già fatto in Italia in diverse occasioni. Basti ricordare la Fontana di piazza del Mercato e la torre medioevale a Spoleto (1968), le statue di Re Vittorio Emanuele II e di Leonardo da Vinci a Milano (1970) o le Mura Aureliane a Roma (1973-74).