Milano. In un tardo pomeriggio di luglio seduti a un bar a Isola eravamo io, tre foto reporter, un regista e una produttrice tv. Argomento di discussione: può un contenuto sponsorizzato pubblicato su una testata giornalistica riguardare temi cosiddetti “sensibili”? ASSOLUTAMENTE NO è stata la risposta univoca dei due giornalisti – il resto della troupe si è da subito estraniata dalla conversazione – sostenuta con il fervore e la passione di chi crede fortemente nel mestiere del giornalista, difendendone l’indipendenza. Al lato opposto del tavolo, invece, la mia voce, messa ormai in minoranza, quasi gridava: SI.
Qualche giorno fa, ho ripensato a questo vivace scambio di opinioni quando, leggendo il Wall Street Journal online, l’occhio ha indugiato sul titolo “Cocainenomics” in bianco su sfondo nero con accanto la scritta sponsored content. Cocainenomics è il racconto dell’ascesa e il declino dell’impero della droga del trafficante colombiano Pablo Escobar a cui si ispira la nuova serie Narcos prodotta da Netflix, colosso americano della TV in streaming in Italia dal prossimo 22 ottobre. Per chi scrive Cocainenomics è anche uno straordinario prodotto di native advertising tra i più completi e riusciti mai pubblicati da un media internazionale. Vi spiego subito perchè.