Sfortuna e qualche merito, un buon numero di testimonianze di una civiltà antichissima come quella Romana hanno attraversato più di due millenni di storia, e sono ancora presenti nelle nostre città o nelle nostre campagne. La fortuna sta principalmente nel fatto che le guerre che hanno toccato il nostro Paese sono state meno distruttive che altrove. Meno moderne, soprattutto. Paesi vicini non hanno avuto la nostra fortuna: e naturalmente la Germania, con Dresda e Berlino, è l’esempio più famoso.
Come è difficile accorgersi di quanto crescono velocemente i nostri figli, o i nostri gatti e i nostri cani, e i nostri amici, è altrettanto difficile riconoscere quanto profondi siano i segni che la storia lascia mentre la viviamo ogni giorno, e ogni giorno la leggiamo, distrattamente o meno, sui giornali. Non riusciamo a cogliere la prospettiva storica, ne siamo troppo immersi, anche se nel ruolo di spettatori e non di protagonisti. Da tempo, però, mi capita di sforzarmi, e di pensarci. È un esercizio che non faccio solamente con i Grandi Eventi Bellici, ma anche con le cose più piccole. Mi chiedo, guardando lo stesso palazzo in cui abito, che è un palazzo solido, inizio-novecentesco, discretamente signorile, quanto potrà resistere alla storia. Con storia, naturalmente, intendo anche la costruzione, al suo posto, di un nuovo grattacielo secondo quanto ordinato da un prossimo futuro piano urbanistico per il quartiere, per non parlare di un’ipotetica grande guerra che coinvolgerà anche Milano, l’Italia, l’Europa. Chiaramente, è una preoccupazione piccola e inutile: è ovvio che il mio palazzo verrà spazzato via, e con lui l’intera città, e del loro ricordo, nel calendario della Terra e forse anche in quello dell’umanità, rimarranno forse brevi aneddoti enciclopedici.