Avremmo voluto intitolarlo “Manager in preda a una crisi di nervi”, ma un importante quotidiano ci ha soffiato il titolo (dura la vita del bimestrale…). Oppure “Il crepuscolo degli dei”: troppo cupo e non a tutti piace Wagner. Alla fine abbiamo scelto di parafrasare un recente film di successo, e così è nato il titolo del Focus di questo numero: “Lontani dal paradiso”.
Tre metafore possibili per una realtà ormai sotto gli occhi di tutti. I manager, invidiati protagonisti degli irresistibili anni Ottanta e della prima metà dei Novanta, ormai sono in crisi. Crisi di immagine e di sostanza. Prima, da noi, Tangentopoli; poi, a livello mondiale, il flop della new economy e i contraccolpi degli scandali finanziari americani che hanno scoperchiato la pentola degli orrori. Centinaia di top manager cacciati con ignominia, il più delle volte a ragione. Ma come succede sempre in questi casi, si butta via il bambino con l’acqua sporca. Tanto più che la crisi si è ben presto estesa ai livelli intermedi del management, dove i danni sono più profondi e strutturali, quanto meno perché le persone coinvolte non sono centinaia ma migliaia, solo limitandosi al nostro paese.
Ma forse gli eventi esterni hanno solo accelerato in Italia una tendenza in atto da tempo nel resto del mondo occidentale, quella verso la “professionalizzazione” del rapporto di lavoro. Da dipendenti, protetti da un contratto “pesante” (il licenziamento senza giusta causa è sempre stato possibile, ma a fronte di indennizzi consistenti), anche i nostri dirigenti si stanno progressivamente trasformando in consulenti, magari ben pagati ma lontani da quella prospettiva di relativa stabilità garantita dall’inquadramento collettivo. La fine dell’Inpdai e la sua confluenza nell’Inps è il simbolo più evidente di questa rivoluzione. Una svolta epocale e generazionale, che non è ancora finita e costringe le rappresentanze sindacali di settore a studiare contromosse e nuove strategie.
In questo numero de L’Impresa la “mutazione genetica” del dirigente, ampiamente analizzata nel Focus, viene vista insieme a un altro aspetto decisivo per il futuro delle aziende e dei manager stessi: la formazione. Un settore in fase per così dire “riflessiva”, anch’esso alle prese con la crisi generale dell’economia e la necessità di ridefinire l’assetto complessivo dell’offerta, sia dal punto di vista dei contenuti sia da quello delle metodologie e delle tecnologie. Con la speranza creata dalla imminente (si spera) partenza dei fondi bilaterali per la formazione, che dovrebbero far ripartire un mercato ancora convalescente.
Una considerazione a margine di un servizio pubblicato nel n° 1 de L’Impresa, quello sulla (presunta) riforma del ministero degli Esteri. Ebbene, i condizionali e le formule prudenti usate nella nostra inchiesta si sono rivelati giusti. La riforma è rimasta presunta. Lanciata con grande clamore dal presidente del Consiglio la scorsa primavera, arenatasi sui bassi fondali della Farnesina, con l’arrivo del nuovo titolare del dicastero Franco Frattini il progetto si è definitivamente sciolto come neve al sole. Addio al tanto vagheggiato modello canadese: la promozione del sistema economico italiano non passerà