Quando questo numero de L’Impresa sarà in edicola l’eco delle vicende di Scanzano Ionico si sarà placato. Fino alla prossima sollevazione popolare quando, fra dodici mesi, la commissione di esperti istituita dal Governo avrà identificato il nuovo sito per la messa in sicurezza delle scorie nucleari (anche se, con importanti scadenze elettorali alle porte, sarà molto probabile un rinvio “per ulteriori approfondimenti tecnici”) e sempre che non si sia trovato nel frattempo un paese straniero disposto a fare da pattumiera.
Fino ad allora non se ne parlerà più, se non nei convegni degli specialisti e nelle riunioni degli addetti ai lavori. Eppure, quello che è successo lo scorso novembre avrà pesanti conseguenze sul futuro economico, sociale e politico del nostro paese, dal punto di vista sostanziale e da quello simbolico. La gestione della vicenda da parte dell’Esecutivo può essere collocata, a seconda dell’umore di chi la osserva, tra il comico e il tragico: pressapochismo e dilettantismo sparsi a piene mani da attori che non conoscevano la parte, e nemmeno la lingua nella quale si recitava. Forse la piccola Basilicata sembrava un boccone facile, ma hanno sbagliato i conti e qui esprimiamo tutta la nostra simpatia ai tenaci lucani, nonostante le sbracature sanfediste e gli eccessi di folklore populistico. Il problema non sono Scanzano e i lucani. Sarebbe stato lo stesso con gli altoatesini di Brunico, i veneti di Conegliano, gli emiliani di Fidenza, gli umbri di Foligno, tanto per fare dei nomi a caso mai entrati nelle liste dei possibili siti. Dovunque sarebbe scoppiata la rivolta, perché sul nucleare in Italia i nervi sono scoperti per la demagogia facile di cui si è fatto uso da Chernobyl in poi. Che un deposito come quello progettato fosse molte volte più sicuro dello scantinato di un qualsiasi ospedale, pieno di bidoni radioattivi, non è affermazione politicamente corretta. A dirlo sono gli scienziati, ma la scienza in Italia non è di moda, la razionalità e il rigore non portano voti. E quindi largo alle Madonne pellegrine, ai blocchi stradali, ai bivacchi con le fiaccole di ordinanza. Con un precedente come questo chiunque si sentirà autorizzato a protestare – senza rischiare nemmeno una multa per divieto di sosta – contro la violazione di diritti presunti o reali.
Un governo autorevole studia e prepara una decisione tanto delicata con professionismo e prudenza politica, prendendosi tutto il tempo necessario. Se non è capace si astiene e rimanda fino a che i tempi siano maturi. Il centro-sinistra, negli anni in cui ha governato, ha rinviato il problema, forse per calcolo, forse per incapacità, col risultato di farlo scoppiare in mano ai suoi successori…
Il lettore potrebbe chiedersi perché una rivista come L’Impresa si occupa di questo argomento. Innanzi tutto, abbiamo sempre seguito le tematiche energetiche e al nucleare abbiamo dedicato un’inchiesta nel n° 2 dello scorso anno. In secondo luogo, lo spettacolo mortificante cui abbiamo assistito può e deve essere letto in chiave di corporate governance. Per applicare le regole