Prato: In conclusione della giornata di sabato 26 settembre, dove quasi 40 tavoli di lavoro sono stati condotti da altrettanti coordinatori, con quasi oltre 400 operatori del sistema dell’arte contemporanea, l’ultima restituzione è affidata alle coordinatrici della macro-area Rapporto Pubblico/privato, introdotta da Pierluigi Sacco. Un ampia rappresentanza del ventaglio degli attori, dagli indipendenti alle Fondazioni. Tutti però convergenti su un messaggio: non sono più i tempi dei compartimenti stagni. Il futuro è l’osmosi e la collaborazione, pur nelle differenze. La complessità e varietà, quasi in una lettura darwiniana, aiuteranno l’evoluzione del sistema. L’assenza delle Pubbliche Amministrazioni lascia ancora molti scenari aperti e diffidenza e sfiducia diffuse. Ma dal momenti che questi attori sono parte fondamentale del sistema, la via del dialogo è obbligata.
Gli indipendenti. Bruna Roccasalva
L’eterogeneità dei relatori coinvolti, diversi sia da un punto di vista professionale sia generazionale, ha fatto emergere la diversificazione di queste realtà, che pur nella loro simile natura nascono da motivazioni diverse e hanno talvolta ambizioni diverse. La molteplicità dei punti di vista trova però un’importante punto di incontro nella questione della sostenibilità che resta uno dei problemi principali degli indipendenti. Le soluzioni avanzate vanno in una duplice direzione: sensibilizzare sempre di più i privati, che restano una potenziale fonte di sostegno estremamente importante, e ripensamento del rapporto con l’amministrazione pubblica a partire dall’attivazione di un canale di dialogo concreto che ad oggi non esiste. A tal fine, invocata da parte dell’amministrazione pubblica, un’operazione di monitoraggio delle realtà indipendenti attive sul territorio in modo continuativo. Mentre da parte degli spazi indipendenti, l’obiettivo di costituire un comitato promotore che si faccia portavoce delle esigenze di queste realtà diventando un interlocutore attivo con la PA. Altro punto critico emerso, di natura meno pragmatica ma di pari rilevanza e in qualche modo correlato al precedente, è l’opportunità di crescita che queste realtà dovrebbero avere, un consolidamento che ne possa garantire l’esistenza al di là delle contingenze e delle energie personali che talvolta sono l’unica cosa che li tiene in vita.
Per una cultura del fundraising. Elisa Bonini
Il fundraising è frutto di un’azione sociale e collettiva che punta a creare un beneficio per una comunità, allo stesso modo l’organizzazione culturale deve con i suoi progetti coinvolgere quella stessa comunità di riferimento. In questo la relazione con il donatore (anche se potenziale) non può più essere trascurata perché esso vuole far parte del processo culturale e contribuire a generare valore per il territorio: non più arte fine a se stessa, ma dunque cultura partecipata da tutti per la crescita delle persone. L’aumento del pubblico in termini quantitativi e qualitativi, la pianificazione a medio lungo termine di progetti chiari e misurabili che già dalla gestazione siano sempre più condivisi con i donatori, il coinvolgimento dei territori, una comunicazione più efficace capace di raggiungere nuovi mercati e nuovi interlocutori e una maggiore consapevolezza da parte delle organizzazioni culturali dell’impatto sociale che la produzione artistica deve avere, sono le leve sulle quali si giocherà questo cambiamento di prospettiva e gli obiettivi da raggiungere che il tavolo ha tratteggiato.