L’incontro di Doc(k)s dedicato a “I fiori di Gutenberg. Seminario sul libro indipendente” (3 ottobre 2015) è stato un buon esempio di “comunità operosa” che per me significa o dovrebbe significare una comunità di soggetti che si costituisce non come “comunità impossibile” o “comunità a venire” ma semplicemente per individuare obiettivi e pratiche da condividere al fine di soddisfare qui e ora interessi comuni.
Ragionando sul destino della scrittura cartacea, avremmo dovuto distinguere prioritariamente tra il libro in quanto narrativa o saggistica e libro come medium di contenuti tecnici, scientifici, didattici, formativi, manualistici e quanto altro che non siano romanzi, poesie, filosofia, storia, arti e quanto altro? Certamente: l’occhio che abbiamo usato diventa strabico se non guarda a questa distinzione. Avremmo dovuto riflettere di più su come vendere libri e dunque occuparci soprattutto dei media che oggi veicolano la scrittura e la lettura? Forse sì.
Di fatto non mi sembra che siano state trattate a sufficienza le nuove condizioni editoriali imposte dalla società in cui siamo ormai pienamente immersi: cosa significhi oggi la professione di editore in una fase di estrema e probabilmente irreversibile crisi del mercato del libro. Ma abbiamo discusso assai più della nostra vocazione invece che della nostra professionalità. E tuttavia c’è da discutere anche sulle nostre “vocazioni vocazionali”.
Tuttavia, Il fatto che i due piani del discorso – professione e vocazione – si siano sovrapposti dimostra che evidentemente il vero problema da affrontare sta proprio nella con-fusione tra ciò che si impone nella professione e ciò che si impone nella vocazione, arrivati in un’epoca in cui si può dire che i ruoli professionali hanno perduto la loro originaria motivazione etica e culturale, e a loro volta le vocazioni hanno perduto capacità e soprattutto possibilità di professionalizzarsi. Questo rovesciamento è dovuto al progressivo disgregarsi della cultura – come sistema di sapere compatto, dialettico ma proprio per questo compatto – in tanti satelliti e periferie e franamenti di un sapere alternativo o laterale, non garantito più da un centro d’attrazione forte. Per più aspetti il relativismo del pensiero post-moderno esprime proprio questa dissipazione della fede in una vocazione piuttosto che in un’altra.