A metà tra il moderno edificio progettato da Grafton Architects per ospitare l’Università Bocconi e la zona di Porta Romana, dove le case costano anche 5000 euro al metro, c’è il cortile di Viale Bligny 42. Circa 200 appartamenti, quattro scale, cinque piani.
Ci abitano tunisini, peruviani, italiani, marocchini, egiziani, brasiliani, filippini, cinesi e cingalesi. Un mix sociale che ha fatto ribattezzare il condominio in Edificio Mondo. Poi ci sono gallerie d’arte, un’associazione culturale nata dai condomini, laboratori artigianali e il retro di alcuni ristoranti che scandiscono quotidianamente la vita di cortile con voci e attività. Gli stranieri sono quasi tutti in affitto e poi ci abitano studenti che dopo qualche tempo hanno acquistato casa.
Oppure c’è chi ha voluto fare invece da subito un investimento immobiliare come Gianmarco, che lo ha visto come una opportunità non solo dal punto di vista economico ma anche come una sfida dal punto di vista sociale.. E c’è chi come Cattelan ha voluto farci lo studio oppure Salvini che in Bligny 42 ha acquistato per avere un affaccio diretto proprio su quella multietnicità che spesso cita, con i toni che tutti conosciamo, nei suoi comizi.
Bligny 42 ai più è famosa per i fatti di cronaca, è definita “buco nero” “fortino” e non è un mistero per nessuno che sia uno dei luoghi più dediti allo spaccio. Ma da qualche tempo, non è più solo questo perché pian piano, una serie di attività hanno iniziato a ridefinire il sistema sociale di vicinato. Iniziative nate dal basso e fortemente volute dai nuovi proprietari. È bastato organizzare un evento in cui ognuno ha preso parte all’imbiancatura delle scale e presto si è costituita l’associazione “B42” che con costanza propone pranzi tra vicini, teatro per bambini e animazioni in generale.
Tra vicini si comunica attraverso la pagina facebook, oppure via mail, racconta Paolo, il presidente dell’associazione. Si condividono idee ma si discute anche dei problemi condominiali. Nonostante l’attivismo, lo spaccio non è sparito. Anzi, quando è buio il traffico ricomincia anche se è interesse di tutti mantenere una certa tranquillità in corte evitando di creare tensione ed emergenze. Quindi se qualcuno magari è ubriaco e perde il controllo, ci mettono poco, alcuni suoi vicini di casa, a riportare l’ordine.
Una sorta di patto di convivenza quindi, dove l’associazione, insieme alle altre realtà, continua a rilanciare dal punto di vista della coesione e della diffusione culturale consapevole di intralciare gli affari di chi, d’altro canto, non ha nessuna intenzione di cambiare indirizzo. Così diventa più conveniente continuare il proprio business ma più silenziosamente, finchè progressivamente non converrà davvero spostarsi altrove.
Mostre, performance, residenze d’artista e scambi a livello mondiale in continuo dialogo con gli abitanti di Bligny 42. Questo fa lo spazio Nour: “un luogo di incontro che nasce dall’arte e legato fortemente alla realtà che lo circonda”.
L’idea nasce da un artista iraniano che si chiama Mahmoud Saleh Mohammadi e che ha scelto di trasformare il proprio atelier in opera d’arte collettiva. A lui si uniscono Gaia Rocchi, art director, Arsham Alaviani, direttore collaborazioni internazionali e anche lui iraniano e Maria Pisani. Vivono in Viale Bligny da qualche tempo e l’ultima mostra fatta in cortile è un progetto fotografico, nato per ringraziare gli abitanti per quanto fanno insieme a loro.
Bligny 42 a sé, infine, non attira solo i giornalisti di cronaca, ma anche artisti, disegnatori e narratori come ad esempio Francesca Cogni, Donatello de Mattia e Fabrizio Falzone che 5 anni fa hanno tradotto in un film animazione “42 storie da un edificio mondo” .