La crisi “di senso” ovvero di identità e di direzione che attraversa la nostra società ed economia ha evidenziato l’incapacità di rigenerare valore attraverso una visione duale in cui gli unici attori contemplati siano Stato e mercato. Oggi appare fin troppo evidente come la rigenerazione delle comunità e dei territori, richieda innanzitutto il superamento di tre riduzionismi (legati ad una visione novecentesca) relativi al concetto di: a) valore; b) impresa; c) innovazione. I riduzionismi legati al concetto di impresa e di valore si sono affermati e rafforzati grazie all’identificazione della figura dell’imprenditore in maniera dogmatica e monolitica, come colui il cui unico scopo è la “massimizzazione del profitto” inteso in una dimensione prettamente economica; in conseguenza di ciò, il concetto di innovazione è stato prima inteso e oggi de-codificato come innovazione tecnologica, spiazzando così quella “sociale” in quanto non ritenuta profittevole .
Un contributo al superamento di questi riduzionismi lo ha certamente dato l’aver legato la dimensione sociale , come sostengono Battilana et al. (2012)[1], alla produzione di valore quale esito di modalità non competitive e collaborative. La relazione con il sociale diventa, quindi, il meccanismo generativo dell’innovazione, il presupposto necessario affinché percorsi imprenditoriali possano dar vita ad una reale trasformazione capace di alimentare un diverso modello di sviluppo dei territori .