A Bernate Ticino, tremila anime a trenta chilometri da Milano, c’è chi sta provando a ripensare la propria azienda di famiglia. E lo sta facendo aggregandosi con altre realtà del proprio settore, costituendo di fatto una rete, fisica e virtuale. Così in quel fazzoletto industriale dell’hinterland metropolitano milanese un grande capannone con vetrate a vista sta facendo scuola. Siamo in mezzo al parco del Ticino, a cinquecento metri dal casello autostradale di Mercato. E siamo alla Litoart, tipografia a conduzione familiare e di stampo tradizionale che per gestire la crisi ha deciso di puntare sulla digitalizzazione. E soprattutto sul fare rete con altre imprese.
Sotto lo stesso tetto di questo corpo industriale di tremila metri quadrati con poli aggregati aggiuntivi trovano spazio altri attori della filiera: tra questi uno studio grafico, un fotografo, una società di comunicazione. «Abbiamo deciso di affrontare la crisi con autonomia e sinergia perché le persone amano lavorare anche da sole, ma non isolate», racconta l’imprenditore Mauro Sandon, amministratore delegato di Litoart, terza generazione al lavoro in questa impresa di famiglia che lo scorso anno ha compiuto cinquant’anni di attività.
Così l’unione fa la forza: per battere la concorrenza anche su terreni esteri scalando interesse e fatturato nasce un distretto poligrafico. In pratica un’azienda che ne mette in rete altre. «Abbiamo fatto qualcosa che esula dagli schemi tradizionali con sei differenti realtà coinvolte. Le reti di impresa non funzionano perché ognuno vuole avere autonomia, ma ecco la nostra idea: un luogo dove ciascun professionista possa perseguire il proprio percorso, in uno stesso ambiente attrattivo», precisa Sandon. L’iniziativa è partita da cinque anni, oggi il complesso registra venticinque lavoratori sotto contratto con srl o ditte individuali. «Abbiamo un centralino in comune, condividendo quindi una linea centralizzata. Ci sono poi sala riunioni e sala break condivisi».
Ecco un esempio di distretto grafico integrato, filiera inserita in uno stesso contesto industriale. «Noi stampiamo e facciamo cartotecnica, un’altra impresa fa lastre per la stampa. Ecco, fa le lastre anche per i miei concorrenti, ma io c’è l’ho qui a chilometro zero. Qui all’interno oggi ho una studio di grafica pubblicitaria, una software house», argomenta Sandon, che nel giro di qualche anno ha visto crescere il volume d’affari, anche grazie alla condivisione. «Ed è bello incontrarsi alla macchinetta del caffè e scambiarsi buone pratiche”.
Così Litoart continua a puntare su prodotti cartotecnici avanzati, soprattutto per l’estero. Ma lo fa con la consapevolezza di avere una filiera sotto il proprio capannone.