Come funziona l’algoritmo: il newsfeed di Facebook svelato

Tom Alison ha appena pubblicato una nuova foto profilo. Sua figlia spunta da dietro e lo abbraccia. La pubblica su Facebook e gli amici commentano, come un miliardo di utenti ogni giorno, come tutti noi. Ma Tom Alison è anche il signore che scrive le regole per cui noi tutti vedremo – o non vedremo mai – quella foto, l’ultimo video di Donald Trump o l’ultim’ora del New York Times. È il capo degli ingegneri del newsfeed di Facebook: guida una squadra di oltre cento persone che programmano gli algoritmi che danno vita, ogni istante, al flusso di informazione che ci appare davanti agli occhi, alla rappresentazione della nostra realtà.

«La speranza e l’obiettivo è che ogni utente possa incontrare il contenuto che davvero gli interessa», dice Alison, che ci parla in una sala profumata di legno del nuovo quartier generale di Facebook a Menlo Park , in California, quaranta minuti di auto a Sud di San Francisco e a quindici minuti da Mountain View, la casa di Google. «Possono essere le storie dei suoi amici o della famiglia, ciò che è rilevante per l’utente – aggiunge -: questo è il punto base di tutte le decisioni e le regole che spiegano il funzionamento del newsfeed. Il nostro prodotto funziona quando le persone sono connesse a ciò che interessa loro su Facebook».

È difficile dire se Alison abbia ragione, se usiamo Facebook per i contenuti rilevanti che ci offre o perch é gran parte della nostra rete sociale sia anche nella rete di Facebook. Ma il suo lavoro non cambia. Il newsfeed è stata una delle idee chiave alla base di Facebook: garantire all’utente di osservare con uno sguardo il flusso di informazione che riguarda la propria cerchia di amici. Come funziona? «Il newsfeed è il risultato dei post delle persone e pagine a cui sei connesso. Ogni newsfeed è unico e personalizzato», spiega Alison. «La cosa interessante è che se anche io e te abbiamo esattamente gli stessi amici e seguiamo le stesse pagine, comunque non vedremmo le storie nello stesso ordine», aggiunge l’ingegnere, arrivato a Facebook dopo aver fondato una start up a New York.

«La prima cosa che guardiamo è quali sono gli amici e le pagine a cui sei connesso e quale interazione avete.  Se spendi un sacco di tempo sui contenuti di un certo amico è probabile che le sue storie finiscano spesso nel tuo newsfeed, e lo stesso funziona per le pagine», continua Alison, e mentre parla ci si disegnano davanti i meccanismi sperimentati da semplici utenti.

Il punto è capire cosa c’è dietro quello che vediamo, come fanno cento ingegneri a scrivere regole che permettono a un miliardo di persone di conoscere – o almeno pensare di conoscere – il loro mondo. Alison non scende in dettagli, ma in generale spiega: ogni utente ha una propria storia. Ogni volta che un utente visita la pagina di un altro utente o commenta, clicca e guarda un contenuto, sul suo profilo viene aggiunto un punto, un numero nella storia della relazione con quell’utente. Raccogliere i punti e fare un calcolo è la parte più semplice. Il lavoro degli ingegneri inizia soprattutto quando i punti vanno pesati, interpretati, anche per evitare che il sistema finisca in un loop. Parliamo di anni di interazioni, di clic, like, di foto viste e riviste. Per Facebook questi sono segnali, appuntati automaticamente. La magia deve avvenire quando apriamo, più volte al giorno probabilmente, il nostro newsfeed, digitando facebook.com sul computer o aprendo l’app. In quel momento parte quella che i tecnici definiscono una «chiamata»: in un secondo il sistema chiede, conoscendo la nostra storia e le nostre preferenze, quale post dovr à apparire per primo, quale per secondo, e così all’infinito. Spiega Alison: «Diamo a ognuno dei post possibili un punteggio dato dai criteri che abbiamo citato: quanti like, quanti commenti e condivisioni, e poi li mettiamo in un ordine di priorità e in un ordine cronologico. Quando apri Facebook, ogni volta, quello è il risultato in tempo reale».