Il denaro costa poco, ma gli imprenditori non investono. Perché? Quale sottile inquietudine percorre il nostro sistema produttivo? L’inchiesta di copertina di questo numero de L’Impresa cerca di dare delle risposte.
Crisi di fiducia? Sentiment negativo sul futuro? Certo, come ha dimostrato il recente Rapporto Sole 24 Ore – Fondazione Nord Est, la situazione complessiva poco brillante (se è lecito usare un aggettivo così morbido), le perplessità sull’Europa e la paura della Cina non incoraggiano scelte di investimento che, per definizione, sono scelte di rischio. Per quanto bassi siano i tassi di interesse, chi mi assicura – dice tra sé il piccolo e medio imprenditore italiano – che in un contesto recessivo come l’attuale io riuscirò a ripagare il capitale e gli interessi?
E di quel poco che si investe, troppo poco va all’innovazione, sia essa di prodotto, di processo o di organizzazione. Gran parte del credito a cui fanno ricorso soprattutto le piccole e medie imprese viene destinato alla copertura dei fabbisogni correnti di cassa, all’anticipo di fatture che i clienti pagheranno – se pagheranno – sempre oltre la scadenza contrattuale, contribuendo a perpetuare quel circolo vizioso in cui ogni azienda è cliente di qualcuno e fornitrice di qualcun altro e ognuna scarica a valle i problemi che ha a monte.
C’è anche la diffusa incapacità di presentare progetti d’impresa e business plan professionalmente costruiti, disegnati in maniera adeguata alle esigenze di analisi e valutazione dei potenziali finanziatori, siano essi banche (e qui Basilea 2 impone criteri sempre più severi), investitori istituzionali o privati.
C’è poi lo scenario della politica. Sconcertante. Il cosiddetto decreto sulla competitività è slittato di mese in mese, partorendo alla fine il topolino come fa la montagna del noto detto popolare. Last, but not least, la recente vicenda Irap. Promessa più volte dal capo del governo, la riduzione dell’imposta meno amata dagli (imprenditori) italiani nel breve volgere della notte del 14 giugno è tornata nel book dei progetti (tradotto, libro dei sogni). Rimandata alla finanziaria 2006. Chissà. Se si troveranno coperture credibili. “Provi a mettersi nei panni di un imprenditore straniero – ha commentato a caldo il vicepresidente di Confindustria Pasquale Pistorio – il quale la sera ascolta il telegiornale che annuncia la riduzione dell’Irap e il mattino si sveglia per scoprire che tutto è saltato. A questo punto non gli resta che investire da un’altra parte, non certo in Italia.”
Ne è conseguita una rabbiosa reazione da parte degli imprenditori, in primis industriali e artigiani. Il tutto preceduto nei primi mesi dell’anno dal cosiddetto taglio delle imposte sulle persone fisiche, che praticamente nessun cittadino ha percepito, mentre è stata ben percepita la crescita di tariffe e prezzi dei beni di largo consumo. A fronte di tanta, evidente dimostrazione di incapacità di governare, invece di lavorare su progetti reali, concreti, lungimiranti di governabilità alternativa, l’opposizione passa le sue giornate a costruire trabocchetti dove far cadere leader presunti e presunti aspiranti leader. Uno spettacolo veramente edificante.
Il sistema produttivo